La Milano di Buzzati: un cartografo innamorato della sua città!

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Vie che aprono a una Milano nascosta, perché davvero possiamo percorrere quelle strade? Quelle vie esistono sul serio? È la Milano di Buzzati presentata a pennello nei suoi romanzi.

 

VIA SANTERNA, Orfi e la porta per l’aldilà.

Tra via Solferino e Largo La Foppa c’è via Santerna. O meglio, ci dovrebbe essere perché in realtà non esiste. L’ha inventata Dino Buzzati per collocarvi la porta dell’Inferno nel suo “Poema a fumetti”. Una storia ispirata alla mitologia, la storia di Orfeo che scende negli inferi a commuovere le divinità per riportare in vita la sua sposa Euridice.

Un racconto già cantato infinite volte, qui alluso attraverso la storia del giovane Orfi, un cantante di successo che rimane sconvolto dall’improvvisa morte della sua amata Eura. Ma Orfi scopre un passaggio che porta nell’aldilà. Un’anonima porta a pochi passi da casa sua, a Milano nell’inesistente via Santerna. Immaginata nelle vicinanze di via Solferino, dove Buzzati lavorò per tutta la vita al Corriere della Sera.

Un singolare “diavolo custode”, rappresentato nella forma di una giacca vuota, gli rivela che ogni scomparso vive in un luogo che gli ricorda la sua vita precedente. «Per te, Orfi, è Milano, Milano essendo la tua vita, per un altro è Zagabria, Karlsruhe, Paranà». Ma ciò che manca nell’aldilà è lo scorrere del tempo. L’esistenza non ha variazioni, è solo «ottusità indistruttibile, uniformità, prevedibilità, noia.

 

VIA della MOSCOVA, l’appartamento di Dorigo.

Dove ogni luogo è un luogo qualunque. «Sotto e intorno a lui, nella medesima casa uomini come lui lavoravano, e nella casa di fronte lavoravano e nella casa vecchissima di via Foppa che si intravedeva in uno squarcio tra le case». Tutto è ordinario, pieno di decoro, come Dorigo. Buzzati cita continuamente di oggetti, «carte, registri, moduli, telefonate, di arnesi, di matite, intente a una vite, a un incastro, a un’addizione». Non c’è nessuna possibilità di elevazione sopra il materiale ordinario: gli spazi sono ricostruiti a partire dal concreto.

 

VIA VELASCA, 25: la casa di appuntamenti della signora Ermelina.

«Un’altra Milano, più antica, misteriosa. Una Milano dei pensieri sconci e squisiti di uomini banali. Che si nasconde nelle case di appuntamenti – come quella della signora Ermelina. «Emiliana, cordiale, bonaria ancora una bella donna, di stampo familiare, senza niente di equivoco. A sentirla parlare, sarebbe detto che facesse la ruffiana solo per aiutare quelle povere ragazzine». Il suo appartamento, «al sesto piano di una grande casa nelle vicinanze di piazza Missori», è un luogo in qualche modo indecidibile. Che per il suo contegno illude gli uomini che lo frequentano sulla sua natura, illude le ragazze che vi lavorano. Stupiva la presenza di due grandi riproduzioni di Brueghel il vecchio: le famose scene di contadini. Chissà se erano capitate là, o erano state scelte.

 

LA SCALA, le prove.

Persino la Scala è più simile a una palestra che a un teatro, con le ragazze struccate, e quasi brutte: simbolo delle eterne prove collettive per uno spettacolo, quello della vita sognata, che non andrà mai in scena, in cui loro, alla fine, non sono che ballerine di fila.

 

VIA VINCENZO MONTI, la casa dell’amico Corsini.

Il bell’appartamento dove si vedono è il luogo dei desideri della ragazza: «E benché i mobili fossero moderni, si intuiva subito che l’inquilino era una persona molto chic e nello stesso tempo solida». La spider che un altro amico presterà a Dorigo, invece ne farà «un uomo in gamba, ricco, sportivo… Laide non potrà più considerarlo un intellettuale, uno sparuto, un povero borghese», sarà il suo ingresso nel mondo, un mondo da cui sia lui che lei sono degli esclusi, sia chiaro.

 

VIA SCHIASSERI, da qualche parte, al terzo piano, Città degli Studi.

Il nuovo appartamento di Laide è come la ragazza: pieno di mobili banali, lettere miserabili piene di sentimentalismo. Pretenzioso, un po’ squallido: il tentativo di entrare nel mondo di quella Milano rispettabile che la paga ma non la vuole.

 

VICOLO DEL FOSSETTO, la Milano popolare.

Tra il numero 72 e il numero 74 di Corso Garibaldi c’è un passaggio sormontato da un arco: la porta per una vecchia Milano! «Un gruppo di vecchissime case addossate le une alle altre, in un groviglio di muri, di balconi, di tetti, di comignoli. Dove lo spirito della città antica, non quella dei signori ma quella dei poveri, sopravviveva con una singolare potenza».

credits: pixabay

@Clelia Mumolo

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