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Palazzo del Senato a Milano, memoria della storia italiana!

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Tra i tanti tesori racchiusi nella città meneghina uno tra questi è Palazzo del Senato a Milano, che ospita tra le sue bellissime mura l’Archivio di Stato.

 

La storia

L’edificio fu realizzato nella prima metà del ’600 da Fabio Mangone su richiesta del cardinale Federico Borromeo. La realizzazione del progetto si è propagata per quasi un secolo, tanto da far subentrare nel progetto la figura dell’architetto Francesco Maria Richini.

L’edificio inizialmente ospitava i chierici del Collegio Elvetico. Dopo la chiusura e il trasferimento dei religiosi presso il seminario della Canonica, il palazzo divenne sede del Senato del Regno d’Italia. Da cui prese il nome ancora oggi in vigore.

Dal 1872 ha trovato luogo presso il Palazzo l’Archivio di Stato. Nel corso dei secoli si sono raccolte testimonianze delle attività delle amministrazioni cittadine prima e dopo l’Unità d’Italia. Grazie a tutte quelle figure che hanno registrato i momenti più importanti della storia milanese. Purtroppo non tutti gli scritti sono ancora presenti essendo stati distrutti dai bombardamenti del 1943.

L’imponente edificio si mostra con una facciata ricurva realizzata dal Richini, che alcuni studiosi hanno definito come uno dei primi esempi del Barocco a Milano. L’enorme statua di bronzo collocata all’ingresso, invece, è attribuita all’artista del surrealismo spagnolo Joan Mirò.

 

Visitare il Palazzo del Senato

Il Palazzo del Senato si trova in via Senato 10 ed è facilmente raggiungibile con la metro 1 scendendo a Palestro o con la metro 3 scendendo a Turati.

Il sito è accessibile a tutti gratuitamente, previa domanda annuale di accesso. È possibile consultare gli archivi nella sala studio che segue i seguenti orari:

  • lunedì – giovedì dalle 8.00 alle 17.45;
  • venerdì dalle 8.00 alle 14.45;
  • sabato dalle 8.00 alle 13.45.

Il Touring Club Italiano, invece, organizza visite aperte nella giornata di sabato. Dalle 10.00 alle 14.00 e accompagnate da guida alle: 10.30; 11.30 e 13.30.

credits: wikipedia

@Clelia Mumolo

 

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